Gabriele Gravina ha indicato la strada maestra della sua F.I.G.C. da imboccare al più presto per non incorrere ancora alle commedie farsesche degli ultimi mesi che meriterebbero un capitolo a parte. Serie A e B a 20 squadre, Serie C trasformata in quel semiprofessionismo stile anni 70 tanto caro al Granduca Cestani ed alla vecchia lega fiorentina (in questi giorni si celebra peraltro il sessantesimo del centro tecnico di Coverciano voluto dal marchese Ridolfi da Verrazzano). Una riforma non solo necessaria ma anche logica in un’economia globale che non può assolutamente permettersi professionisti del pallone in piccole realtà di provincia, con buona pace di Tommasi e Company. Ricordo un tempo dove gente come Menciassi o Campani scendevano in campo alla domenica (contro il Modena o la Reggiana e non il ..Ghiviborgo) dopo aver lavorato all’Italsider tutta la settimana e senza mai lesinare l’impegno. Ricordo il montevarchino Romanut fare il rappresentante della pasta e girare pizzicagnoli fra un allenamento e l’altro al Brilli Peri. Nessun scandalo né altro, una realtà che non impediva alla gente di frequentare gli stadi per quattro o cinque volte in più di adesso. Certo, una riforma vera dovrà avere il pieno appoggio di tutti e di tutto, gli stessi nostri illuminati dirigenti dovranno gioco forza avere il coraggio di modificare le regole del gioco stesso. Vale a dire, se serve, conformare la struttura a qualcosa che abbandoni il professionismo stretto e si rimoduli diversamente (per esempio allenarsi in un orario serale non è un peccato mortale). La gente apprezzerà comunque, anche perché in un calcio low cost si eviterànno fallimenti a catena, e soprattutto si darà fiato alle ambizioni di piazze importanti come la nostra, al momento escluse da qualsiasi velleità importante e di categoria superiore. Chi scrive da tempo attende la riforma a braccia aperte, speriamo sia per davvero la volta buona.