C’è un fremito di orgoglio nel popolo sangiovannese ferito: mai abbandonerò le amate sponde… E la pioggia e le lacrime di queste giornate inondano il suolo calcistico, scomodando i soliti commenti, da quelli viscerali di ogni tifoso a quelli sociologici — e oramai stantii — che vedono nel calcio le consuete esagerazioni di massa.
Quando si retrocede, è fin troppo scontato che si sia fatto male: siamo all’ovvietà più completa, insomma, da questo punto di vista.
Guardando poi al campo, l’immagine forse più desolante — e anche più esplicita — della domenica è rappresentata dall’uscita dal terreno di gioco di un calciatore a passo slow e oltre, forse incurante o totalmente ignaro di ciò che stava accadendo. (Qualcuno faccia a questi ragazzi magari un po’ di lezioni di storia e pure di geografia su San Giovanni e anche sul club.) Quanta differenza, pur con le proporzioni del caso, con i professionisti dell’Inter, usciti senza più reggersi in piedi dopo aver dato tutto e di più…
È stata una retrocessione meritata. Perché nessuno, o quasi, ha fatto peggio di noi nel girone di ritorno, soprattutto nella parte finale della stagione con quattro sconfitte nelle ultime sei giornate.
Altrettanto gestito malissimo il cambio in corsa dell’allenatore: se la sostituzione di Bonura aveva anche un fondamento (non si possono a giochi fatti fare i verginelli), si è poi rivelata del tutto inadeguata la scelta del buon Deri, trovatosi a gestire una situazione forse più grande e più complicata del previsto (ma ci ha pure messo del suo).
I dirigenti, con notevole approssimazione (manca da anni un vero e proprio piano di quello che si definisce lo “scouting”, fatto anche di suole consumate e di domeniche in giro), si sono fidati di calciatori alla resa dei conti del tutto… inadeguati. E non solo sotto il profilo tecnico, ma anche per personalità e modo di stare in campo.
Come si riparte?
Innanzitutto: vedere chi saranno i nuovi proprietari della società (cordata americana, come oramai viene chiamata, o imprenditori locali?).
Poi, ripartire comunque con idee chiare e semplici: una figura dirigenziale predominante (non si parla sempre a più voci), un direttore sportivo capace e possibilmente esperto della nuova categoria e un allenatore che lo sia altrettanto.
Meno figure intermedie ci sono rispetto a questa ipotizzata triade, meglio è, anche tenuto conto che non stiamo andando a fare la Serie A.
E si riparte dai tifosi, un patrimonio da non disperdere assolutamente, con la consapevolezza — e anche un briciolo di serenità — consci che il calcio e lo sport regalano momenti così…
Andiamo verso il centenario con uno spirito possibilmente costruttivo e ottimista, pur con tutte le difficoltà e le incertezze del momento.
Per chiudere, un saluto a Beppe Morandini, che ha annunciato subito le proprie dimissioni e anche a chi lo seguirà a breve. Il primo, comunque, un sangiovannese vero ed enormemente dispiaciuto dell’esito finale, a differenza di tanti, troppi mancati protagonisti che non rimpiangeremo.