Di Leonardo De Nicola

C’era un tempo in cui giocare a pallone era una delle cose più belle, per strada e in qualsiasi metro utile di campagna o di erba magari incastonata fra palazzi in costruzione che ne riducevano progressivamente lo spazio. C’era un tempo in cui vestire la maglia di lana infeltrita della propria squadra era orgoglio ed ambizione, punta massima del desiderio maschile. E le partite giocate sotto lo sguardo dei dirigenti e di pochi genitori, mai o quasi le madri impegnate per lo più a lavare a casa tonnellate di panni fangosi senza chiedersi e chiedere nulla se non la salute del figlio. Il buon Egisto Pandolfini scopritore di mille e mille talenti aveva fiutato la deriva, auspicando che la miglior squadra fosse quella formata da…. orfani ! Ogni fine settimana sui nostri teatri sportivi vanno in scena rappresentazioni ridicole e penose da parte di intere schiere di genitori e di parenti tutti elevati al rango di educatori, allenatori e presidenti. Un tempo la presenza di loro era considerata un fatto eccezionale da vivere con discrezione e quasi con pudore, basti pensare, solo per fare un esempio, come mio padre (che pur amava il calcio) sarà si e no venuto a vedermi un paio di volte in sette -otto anni (e non ha perso nulla). La mamma? Mai e dico mai e questa non è una condizione estrema ma la conseguenza naturale di un mondo e di un tempo che, forse, non era il migliore ma riconosceva i recinti e le regole (non solo nello sport).
Qualcuno storce la bocca e già lo so e mi dispiace perché io sono il primo a lodare la passione e l’impegno dei dirigenti sportivi e di chi si prodiga durante la settimana. Ma c’è un “ma” che non può essere trascurato: oggi i ragazzi sono inquadrati ancora prima di saperlo in un mondo che intorno a loro e grazie a loro si agita e si industria, facendo affidamento sulle risorse delle famiglie (Money) e che spesso consentono alle stesse società sportive di andare avanti. Passare dallo sport gratis allo sport a pagamento ha finito inevitabilmente per rendere il genitore protagonista dell’ingranaggio e non più parte secondaria ed anonima. Senza l’aiuto del familiare le società hanno dei problemi ed ecco scattare in automatico il discorso ..io partecipo ma voglio farlo a tutti gli effetti persino sindacando le scelte tecniche dell’allenatore (un tempo stare fuori era un altro prezioso insegnamento di vita). Non c’è meraviglia dunque quando c’è nostalgia per un mondo diverso, della buona educazione, del rispetto, dell’olimpica partecipazione o dello slogan ..lo sport fa bene. Quando i dirigenti erano sempre i soliti e non importava che ci fossero i figli a giocare, anzi. Virgilio Fedini ,un mito per San Giovanni ha amato intere generazioni di ragazzi come propri figli, non avendone naturali. Nessuna meraviglia per partite di ragazzine sospese per insulti e maleducazione assortita. A noi piaceva un altro mondo.

 

PS: mio suocero oramai scomparso da quasi trenta anni negli ultimi anni della sua vita tornava spesso a casa disgustato dall’atteggiamento tenuto dai genitori sulle tribune. Si parla di trenta anni fa ma le persone di buon senso e con vera cultura sportiva avevano già fiutato dove si andava a parare.