L’immagine dei tifosi di Samp e Genoa che si tengono per mano e reggono il ponte Morandi ha colpito nel segno e nel cuore della gente: o in quasi tutti i cuori, visto cosa hanno deciso dirigenti e lega o meglio cosa non han deciso preferendo si affidare all’ennesima soluzione all’italienne, si gioca si ma a metà oppure non si gioca ma solo per le partite che riguardano le squadre della “superba” la città ferita e lacerata per tanto tempo ancora. I tifosi per fortuna avevano già deciso in anticipo: nessun genoano a Milano e nessun blucerchiato sugli spalti del “Ferraris” col pieno sostegno dei tifosi viola pronti a disertare la trasferta ligure. Non si gioca, hanno detto in coro, a pochi chilometri da dove le ruspe continuano a scavare cercando i superstiti, laddove i familiari non hanno più lacrime per i loro cari strappati alla vita di tutti i giorni in maniera tragica ed imprevista.

Eppure qualche voce in controtendenza esiste ancora fra i seguaci del pallone, come se rinunciare ad una partita fosse il dramma della vita, come se lutto, pietà, raccoglimento non fossero cose che stridono con la gioia dello sport, la festa di una partita. La Lega e la Figc sono da tempo avvitate su se stesse, ma diciamocela tutta: anche alle nostre modeste latitudini c’è gente che va in fibrillazione per una partita mancata, come se il calcio fosse per davvero la vita stessa o una delle ragioni di vita totalizzanti. La prossima settimana si giocherà il derby di coppa numero 96 dell’intera storia. Aspetto di vedere se e se ci saranno eventuali restrizioni sulla scia della gara di febbraio giocata sempre al Brilli Peri. E la nave va fra i marosi con campionati e gironi tutti da scrivere ed un bailamme senza fine e senza uscita. Da Genova un insegnamento ed anche un monito su chi ha speculato sempre più sulla pelle dei tifosi.

PS: a chi afferma che sospendere le partite per poi magari rigiocarla dopo pochi giorni è un segno di ipocrisia io rispondo che non è affatto così, anzi. C’è il tempo del silenzio e quello del vociare e del resto quante volte nella nostra vita abbiamo provato dolori familiari o fra i conoscenti e, dopo qualche giorno abbiamo ripreso a lavorare, a discutere e a vivere. C’è il tempo ed il tempo, chi sostiene il contrario è l’ipocrita per davvero.