Per i massimi esponenti delle società di Serie D, nella fattispecie azzurra Marco Merli, sono momenti davvero difficili da un punto di vista organizzativo e professionale. Il caso di positività riscontrato all’interno della Sangiovannese ha messo tutti sull’attenti, squadra e staff in quarantena alla pari della Juniores dove, peraltro, è  arrivato il contagio. Ecco il pensiero di uno dei massimi esponenti societari: “Se penso ad un nuovo lockdown generale ? Quello non credo o, perlomeno, non lo voglio sperare anche perché qui tutti vedono il calcio come l’ultima ruota del carro, è sicuramente meno importante di tanti altri aspetti della vita ma anche in queste categorie ci sono persone che ci mangiano con questo sport, senza contare tutto lo staff e gli altri che giornalmente seguono le vicende calcistiche. Può essere, semmai dovessero aumentare ancora i contagi, che i dirigenti federali operino alcune chiusure soprattutto nei tornei giovanili magari come stato fatto in Lombardia. Più che attenerci a quello che la federazione ci impone non possiamo fare, non ho certo la facoltà di andare a vedere quello che fanno i ragazzi al di fuori dell’ambito calcistico. Il nostro caso? Noi abbiamo fatto tutto quello che la prassi ci obbliga di fare, messo in quarantena tutti i componenti della prima squadra e della Juniores e attendiamo ora risposte dalla Asl. I tempi ? Teoricamente dal momento del contagio, parliamo di Lunedì scorso, devono passare 10 giorni e quindi sulla carta Mercoledì potrebbe essere il giorno utile per tornare ad allenarci. Sì, ma come? Con o senza tamponi ? E poi, mettiamo che mi danno il via libera al venerdì, non è che posso tornare a giocare dopo giorni di stop forzato senza un minimo di preparazione ! Capisco che all’interno dell’azienda sanitaria siano oberati di lavoro in questo periodo, noi però ad oggi senza le loro risposte non sappiamo onestamente cosa fare. Sono arrabbiato e preoccupato al tempo stesso, non c’è chiarezza in questo famoso protocollo e, soprattutto, tengo alla salute dei ragazzi perché ci sono padri di famiglia e gente che va a lavorare”.

Foto: Mauro Grifoni