9 mesi fa a Cuneo andò in scena una triste farsa quando l’agonizzante Pro Piacenza mandò in campo i ragazzi e la partita terminò 20 a 0 per la squadra piemontese. Domenica a Rieti per fortuna e per decenza il pericolo è stato scongiurato ma l’agonia del club laziale ripropone in maniera vistosa tutte le problematiche legate al mondo del calcio di casa nostra.
Negli ultimi 15 anni hanno alzato bandiera bianca 160 club e fra questi Napoli, Fiorentina, Palermo, Bari ecc ecc e qualcuna più volte addirittura come nel caso della squadra rosanero o in Toscana di Pisa e Lucchese.
La verità è che la serie C così strutturata è un campionato insostenibile e la situazione, senza correttivi veri, continua a peggiorare sempre di più. Per migliorare o cercare di farlo i nostri dirigenti federali hanno dato vita a norme comportamentali sempre più stringenti: in teoria tutto valido tranne che per un particolare non di poco conto e cioè quello che a tutto questo non si è poi fatto seguire un naturale ed adeguato dimagrimento come buona creanza avrebbe da tempo suggerito. Anzi, un ripescaggio non si è mai negato a nessuno per connivenze elettorali e politiche nella maggior parte dei casi. La terza serie è un cancro che presenta una situazione debitoria pari al 90 per cento sul totale delle attività di ogni club che spende quasi l’80 per cento del valore solo in costo di lavoro fra minimi salariali e assicurativi. 60 società sono un numero enorme che questo calcio da tempo non si può più permettere e paradossalmente l’estensione dei vincoli e le norme più stringenti non aiutano del tutto il movimento. Prendiamo il nostro esempio o dello stesso Montevarchi: come abbiamo detto più volte per storia, seguito e cultura calcistica queste realtà potrebbero anche aspirare a qualcosa di più e di meglio ma una serie C strutturata come adesso di fatto impedisce qualsiasi volo di fantasia.
Da tempo la ricetta si sa (noi almeno) è soltanto una: ridurre il numero delle società professionistiche e aprire o riaprire le porte ad una sorta di semi professionismo come ai tempi del cavalier Cestani e della vecchia lega fiorentina. Trovare una formula che salvi le società dal collasso e tuteli chi vi gioca. Questo processo non necessariamente tendente al ribasso dovrà essere metabolizzato in maniera diversa da tutto l’ambiente, dirigenti e tifosi in primis. Credo per esempio che una destrutturizzazione in chiave diciamo “dilettantistica” non sarebbe poi la fine del mondo, né nuocerebbe alla qualità del prodotto. Guardare ai calciatori della zona, limitare i costi non significa uno scadimento di interesse né altro ed è già quello che alcune società virtuose stanno facendo.
Ma ci vogliono regole diverse ed una struttura diversa dei campionati. Il carrozzone della Serie C ha fatto il suo tempo ed i suoi danni e a nulla è servito l’irrigidimento delle regole, anzi.